3.5 Economia - L'attualità della Teoria Keynesiana

Pubblicato il 15 febbraio 2024

Keynes diceva: ”L’economia è l’arte di mettere assieme i vari pezzi teorici per capire meglio il problema che abbiamo di fronte”.

John Maynard Keynes è nato a Cambridge nel 1883 e dopo essersi laureato in matematica nel 1905 al Kings College si è dedicato agli studi di economia. Dal 1912 è stato direttore dell’Economic Journal, un incarico che ha mantenuto fino al 1944.

Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale ha ricoperto il suo primo mandato politico come consigliere presso il Ministero del Tesoro, che ha poi rappresentato ufficialmente durante la Conferenza di Pace con la Germania che si è tenuto a Parigi nel 1919.

Dopo la Grande Guerra, nel 1944, è stato capo della Delegazione Britannica alla conferenza di Bretton Woods, e successivamente ha partecipato alla Commissione per l’istituzione della Banca Mondiale. È morto d’infarto poco tempo dopo, nel 1946.

Le sue teorie economiche hanno contribuito a risolvere la grande depressione del 1929.

Il suo primo lavoro, è un Trattato sulla Probabilità.

In questo libro Keynes propone la sua idea della probabilità. Secondo lui ci sono due estremi che non si verificano praticamente mai. Un estremo è quello in cui c’è certezza, e l’altro estremo in cui c’è la totale incertezza. La realtà è costituita dai casi intermedi.

Keynes utilizza il concetto del grado di fiducia per spiegare che nelle probabilità che si attribuiscono agli eventi le situazioni hanno un diverso grado di incertezza.

Per esempio, se dopo aver guardato i bollettini meteo dico che c’è il 10% di probabilità che domani piova, non sono sicuro, ma ho fatto una valutazione abbastanza ragionevole.

Se invece dico che c’è il 10% di probabilità che piova tra un anno, posso aver guardato le statistiche sulla pioggia dei mesi corrispondenti degli anni passati, ma la situazione è molto più incerta.

La teoria classica della probabilità richiede che si conosca esattamente lo spazio degli eventi. Per esempio, nel lancio del dado ci sono sei facce e può uscire solo una delle sei facce e basta.

La teoria frequentista della probabilità, invece, dopo aver esaminato quello che è successo in passato estrapola da questo la previsione del presente.

Keynes dice che noi possiamo anche avere molta fiducia nella prosecuzione dell’esperienza passata ma non possiamo avere la certezza che l’esperienza passata continui nel presente e quindi le nostre valutazioni di probabilità basate sull’estrapolazione del passato saranno sempre dubbie.

C’è poi la teoria soggettiva della probabilità, affermatasi verso la fine degli Anni ’20 e continua ancora oggi, la quale afferma che ognuno di noi può elaborare delle scommesse e attribuisce a queste scommesse la probabilità che si verifichino gli eventi desiderati.

Keynes dice che la teoria soggettiva implica una fiducia del soggetto nelle sue attribuzioni di probabilità ma nella realtà questa fiducia non è razionale.

Quest’affermazione di Keynes è una critica a tutta la matematica finanziaria moderna.

Mentre dedica parte del suo tempo a scrivere il Trattato sulla Probabilità, Keynes pubblica nel 1925 anche un altro libro dal titolo: La Fine del Laissez-Faire, che è una critica all’economia liberista e in cui sostiene la necessità di un intervento dello Stato nell’economia di mercato perché lui ritiene che quest’ultima, da sola, non sia in grado di mantenere un livello di piena occupazione causando continue tensioni sociali.

Lui è un liberale convinto e lo spiega un saggio: Perché sono un Liberale, ed è proprio per difendere le istituzioni liberali dell’Inghilterra rispetto a Paesi come la Russia di Stalin, la Germania di Hitler e l’Italia di Mussolini che occorre un intervento statale nell’economia, perché una società in cui la disoccupazione diventa elevata è una società fragile dal punto di vista sociale e politico.

Questo è il punto centrale della sua ricerca teorica, che egli sviluppa con 2 libri:

Il Trattato sulla Moneta, del 1930, che è una teoria del disequilibrio economico;

La Teoria Generale dell’Occupazione dell’Interesse e della Moneta, che pubblica nel 1936, anch’esso una teoria dell’equilibrio economico ma con una caratteristica particolare cioè di essere un equilibrio di sotto occupazione, cioè con disoccupazione.

Questi libri sono due tentativi diversi di dire la stessa cosa e cioè che in pratica non esiste una tendenza automatica verso la piena occupazione nell’economia, come sostiene la teoria tradizionale del “Laissez-Faire”.

Secondo Keynes il funzionamento reale dell’economia è diverso da quanto afferma la teoria tradizionale.

Nella teoria tradizionale del “Laissez-Faire” la moneta è un elemento passivo e serve solo allo scambio.

Secondo Keynes, invece, la moneta assume ruolo attivo e lo spiega nella Teoria Generale dell’Occupazione dell’Interesse e della Moneta, che si basa su tre pilastri:

  • La teoria della domanda effettiva, dove esamina a fondo il concetto di domanda effettiva;
  • La teoria del moltiplicatore economico;
  • La Teoria della domanda di liquidità, conosciuta anche come Teoria della preferenza per la liquidità.

Dunque, per Keynes, una parte estremamente importante del problema economico è costituito dalla moneta che non si comporta in modo neutro come dicono le teorie tradizionali e pertanto è necessario che lo Stato intervenga per stabilizzare l’economia e favorire la piena occupazione.

La Domanda effettiva

Il concetto di Domanda effettiva parte dal punto di vista dell’imprenditore che deve decidere quanti lavoratori assumere e quanto produrre, quindi deve prevedere quali saranno le sue entrate e le sue spese. Pertanto, egli continuerà ad assumere lavoratori fino al punto in cui le entrate saranno superiori alle spese; quando le spese diventano superiori alle entrate egli smetterà di assumere.

Facendo così l’imprenditore non basa più la sua decisione sulle curve della domanda e dell’offerta che, come dice la teoria tradizionale, determinano un equilibrio ottimale nel prezzo quando s’incontrano. Questa condizione di equilibrio determinata dal punto di incontro delle due curve, secondo la teoria tradizionale, invoglierebbe gli imprenditori ad assumere più lavoratori perché se la disoccupazione aumenta il salario diminuisce.

Nella Teoria Generale dell’Occupazione dell’Interesse e della Moneta, invece, Keynes spiega che quando i salari e prezzi diminuiscono non succede così ma gli imprenditori, al diminuire dei salari diminuiscono perché le cose vanno male, invece di assumere più lavoratori ne assumono di meno perché vedono il futuro in modo peggiore.

Questo è il concetto fondamentale che differenzia la teoria keinesiana di domanda effettiva dalla teoria tradizionale del “Laissez-Faire”.

Il moltiplicatore economico

Il concetto del moltiplicatore economico è basato sull’idea che le decisioni di consumo e le decisioni di investimento sono prese da soggetti diversi e con un grado diverso di incertezza.

Le decisioni di consumo le prendiamo soprattutto noi consumatori in base al nostro reddito e, giorno dopo giorno, il nostro stile di vita non varia di molto per cui anche i consumi rimangono praticamente invariati.

Mentre le decisioni di investimento le prendono gli imprenditori basandosi sul fatto che quello che accadrà in futuro è molto incerto poiché dipende da molti fattori, per cui le loro opinioni sul futuro possono cambiare molto rapidamente perché, ad esempio, cambiano le vicende politiche o per altri motivi. Quindi gli investimenti sono molto variabili.

Sono gli investimenti che determinano il livello del reddito perché se gli investimenti vanno bene le aspettative degli imprenditori sono buone.

In pratica se gli investimenti salgono, sale il reddito e sale l’occupazione; se gli investimenti scendono, scende il reddito e scende l’occupazione, poiché gli imprenditori quando vedono il futuro in modo peggiore, invece di assumere più lavoratori ne assumono di meno. In questa situazione lo Stato deve intervenire per favorire la piena occupazione e questi investimenti, da parte dello Stato, determinano un aumento del livello del reddito dei lavoratori; l’aumento del reddito dei lavoratori si traduce in nuovi investimenti da parte dei privati poiché i consumatori spendono il loro reddito e aumentano la domanda di beni e servizi e, così facendo, spingono gli investitori privati ad aumentare la produzione per soddisfare questa domanda: questo è il concetto del Moltiplicatore economico, inventato da Richard Kahn (un allievo di Keynes) e ripreso da Keynes stesso, rielaborandolo con qualche modifica, nella Teoria Generale.

La teoria della preferenza per la liquidità

Il terzo pilastro è la teoria della preferenza per la liquidità. In un mondo incerto noi cerchiamo di prendere le nostre decisioni non solo guardando a cos’è che ci può far guadagnare di più ma, soprattutto, mantenendo dei margini di sicurezza e cioè tenendo un po’ di soldi da parte, pronti per qualsiasi evenienza.

Quindi, quando l’incertezza aumenta io tengo una parte maggiore dei miei soldi sotto forma di moneta, mentre, quando c’è meno incertezza posso decidere di investirli in titoli, obbligazioni (come i Buoni del Tesoro statali), o altre forme di investimento. Quando i tassi di interesse salgono il prezzo delle obbligazioni scende, per cui, se io prevedo che i tassi di interesse saliranno vendo le obbligazioni e mi tengo moneta.

Se mi aspetto che il tasso d’interesse in futuro scenderà faccio l’opposto, cerco di prevedere quello che succederà e se non sono sicuro delle mie previsioni mi tengo comunque moneta a scopo di preferenza per la liquidità. Questo significa che il tasso d’interesse è governato dalle aspettative e dall’incertezza.

Il tasso d’interesse quindi non dipende, come dice la teoria tradizionale, dalla domanda e dall’offerta di fondi a prestito che secondo la teoria tradizionale sono determinati dall’offerta dei risparmiatori e dalla domanda degli investitori. Pertanto, se il tasso d’interesse non dipende da queste, esso non può portare in equilibrio delle due grandezze. Queste due grandezze possono essere diverse e quello che le porta in equilibrio è il reddito perché con le variazioni del reddito variano i risparmi e si adeguano agli investimenti. Però la variazione del reddito può portare anche a variazioni del livello di occupazione e quindi si possono generare anche altri tipi di problemi.

La preferenza per la liquidità e i mercati finanziari

Keynes nella sua teoria della preferenza per la liquidità aggiunge una serie di concetti sui mercati finanziari che possono essere considerati oggi di grande attualità.

Keynes dice che i mercati finanziari operano come quei concorsi di bellezza che si facevano nei “tabloid” inglesi della sua epoca.

Il giornale pubblicava 50 foto di belle ragazze e diceva ai suoi lettori: “indicatemi la più bella, tra coloro che indicano quella che prenderà più voti estrarremo un bel premio”.

Ora, quando si dice così succede che a me piace tanto la brunetta ma voto per la biondona perché la biondona penso che avrà più voti di tutte le altre.

Cioè, secondo Keynes tutto accade come se i mercati finanziari fossero organizzati secondo un paradossale concorso di bellezza: la corona non va alla ragazza più bella (fuor di metafora: al valore che viene rivelato dai prezzi dei mercati) ma a quella che tutti pensano che gli altri giurati indicheranno come la più bella. È molto diverso, perché questo vuol dire che il valore di un prodotto non ha un rapporto intrinseco con il suo prezzo di mercato.

Cioè, sui mercati finanziari accade questo: io posso pensare che oggi l’Italia sia il Paese più sicuro del mondo e che invece la Germania sia nei guai, però, se penso che tutti gli altri considerano l’Italia più rischiosa, vendo i titoli pubblici italiani per comprare quelli tedeschi.

Gli altri fanno lo stesso ragionamento per cui, magari, nessuno “preferisce la bionda” (fuor di metafora: nessuno preferisce la Germania) ma tutti finiscono per “votare la bionda”, cioè comprano i titoli tedeschi.

Questo ha un grosso rischio, il rischio dell’instabilità. Perché quando tutti si comportano in questo modo ci possono essere dei cambiamenti improvvisi del modo di pensare della gente.

Questo, per esempio, è successo di recente con la Grecia. Tutti sapevano che la Grecia non era in buone condizioni ma i titoli greci viaggiavano tranquilli con tassi di interesse bassi e poi, d’improvviso, è scoppiata la tempesta.

Perché è scoppiata all’improvviso? Perché se io voglio scommettere contro la Grecia ma parto troppo presto con la mia scommessa finisce che perdo molti soldi.

Keynes diceva: “i mercati possano rimanere in errore per molto tempo. Se continuiamo a mantenere la nostra liquidità su una cosa che si rivelerà giusta nel lungo periodo perderemmo molti soldi: i mercati, per guadagnare, cercano di scommettere sul brevissimo periodo.

Poiché la ricchezza è più grande del reddito e (in teoria), io posso cambiare le mie scommesse ogni giorno, succede che io ogni giorno posso spostare molti più soldi di ciò che è il mio reddito giornaliero e questo spostamento di liquidità da titoli a moneta finisce con influenzare il mercato.

Inoltre, i mercati finanziari sono dominati dalla speculazione perché le decisioni sul fatto di tenere moneta o di tenere titoli riguardano la nostra ricchezza, non il nostro reddito.

Lo abbiamo sperimentato negli anni 2007-2008 con la bolla immobiliare dei mutui subprime e delle cartolarizzazioni (vedi presentazione 3.2 – L’economia moderna, dalle origini ai nostri giorni).

Negli Stati Uniti d’America il prezzo le case era stabile da più di un secolo e in meno di dieci anni il loro valore è triplicato – in qualche caso quadruplicato: era forse il risultato di una realtà economica? O invece è la dimostrazione che anche l’economia reale ormai si era “finanziarizzata” al punto che i prezzi nel mercato immobiliare non avevano più alcun rapporto con il valore reale?

Nei fatti questo ha determinato il cataclisma che si è verificato nel 2007 in cui un quarto della capitalizzazione borsistica di tutto l’Occidente (USA, Europa e non solo) è andato in fumo nel 2008.

Questo vuol dire che le nostre economie, sotto l’influenza di mercati finanziari non regolati, non sono più in grado di dare indicazioni che abbiano un senso sui prezzi di mercato (lo abbiamo visto nel 2022 con le variazioni del prezzo del Gas e dell’energia, per fare un esempio).

Per concludere, Keynes dice che quando la finanza si comporta in questo modo crea instabilità e può dare dei grossi “scossoni” al sistema per cui è necessario tenerla sotto controllo. È necessario cioè evitare che la finanza diventi l’elemento dominante nell’economia.

Keynes fa un paragone che è divenuto famoso: – Noi dobbiamo evitare che il cane dell’economia sia mosso dalla coda della finanza, cioè che sia il cane a muovere la coda, non la coda a muovere il cane -.

Nella situazione di oggi in cui il mercato dei derivati supera di 10 volte il reddito mondiale annuo e, inoltre, il mercato dei derivati può muoversi non una volta all’anno ma più di 1000 volte al giorno, è chiaro che è la coda che muove il cane.

Questa è una situazione che Keynes, secondo la sua teoria, avrebbe in tutti i modi cercato di evitare mettendo un freno alla crescita della finanza: questo oggi purtroppo non viene fatto dalle istituzioni finanziarie.